Lo Scotch Whisky
Lo scotch whisky è un distillato prodotto unicamente in Scozia
secondo un rigido disciplinare, lo Scotch Whisky Act del 1988, che tra le altre cose vieta di produrre in Scozia whisky che non siano scotch.
Secondo il documento, un whisky può essere definito scotch whisky solo se è prodotto in una distilleria della Scozia utilizzando unicamente acqua ed orzo maltato (con l’unica aggiunta di grani di altri cereali) e macerato nella distilleria stessa; se è distillato ad una gradazione alcolica in volume inferiore al 94,8%, per garantire aroma e sapore ricavati dalle materie prime utilizzate nel metodo di produzione.
Se è stagionato in un magazzino in Scozia, in botti di rovere di capacità non superiore a 700 litri e per un periodo non inferiore a 3 anni; se non ha subito aggiunte di altre sostanze oltre l’acqua e, eventualmente, il caramello.
Lo scotch whisky viene prodotto e distillato in luoghi isolati e selvaggi, solitamente in aperta campagna o sulle sponde di laghi e ruscelli, e acquista differenti caratteristiche in funzione della regione di produzione.
Attualmente le zone di produzione dello Scotch Whisky sono sei: Highlands, Islands, Speyside, Islay, Campbeltown e Lowlands.
Esistono tre tipologie di whisky scozzese: il single malt (o whisky di malto), il whisky di cereali e il blended whisky.

SINGLE MALT
Il whisky di malto è realizzato con orzo maltato, acqua e lievito. Il liquido viene distillato in enormi alambicchi di rame (pot still) e poi affinato in botti di whisky per un minimo di tre anni. Il single malt whisky è prodotto in una sola distilleria, sul territorio scozzese. Tutti i whisky Cuspid sono rigorosamente single malt.
WHISKY DI CEREALI
In questo caso l’orzo maltato viene miscelato con orzo non maltato e altri cereali come mais e frumento. La miscela, con l’aggiunta di acqua e lievito viene distillata in un alambicco alto (il coffey still), molto diverso dagli alambicchi tradizionali, e produce una bevanda alcolica in maggiori quantità e di gradazione superiore.
BLENDED WHISKY
Il blended whisky comporta un complesso processo di miscelazione di diversi single malt con whisky di cereali. I blended nascono nel XIX secolo per favorire l’esportazione di un whisky più morbido rispetto al tradizionale single malt. La fase di miscelazione è molto delicata, perché i singoli whisky delle diverse distillerie hanno caratteristiche non sempre facili da combinare in un unico prodotto.
Come si produce il whisky
MALTARE L’ORZO
L’orzo viene immerso in vasche d’acqua, steso su un pavimento di maltaggio per favorire la germinazione e infine essiccato in un forno prima di essere macinato.
Oltre all’aria calda, durante la fase terminale del maltaggio, è possibile sottoporre l’orzo ad affumicazione attraverso la combustione di torba.
Il fumo impregna l’orzo maltato, donandogli aroma e un forte gusto torbato tipico di alcuni whisky. A partire dagli anni ‘70, il maltaggio non viene quasi più effettuato all’interno delle distillerie, ma affidato a malterie meccanizzate.
MISCELARE L’ORZO MACINATO E AGGIUNGERE IL LIEVITO
L’orzo macinato, detto grist, viene miscelato con acqua calda in un contenitore per l’infusione chiamato mash tun.
Il risultato è un liquido zuccheroso, il mosto di malto, in inglese wort.
Il wort viene quindi trasferito in enormi tini chiamati washback, dove viene aggiunto il lievito.
Il liquido a questo punto viene lasciato fermentare per convertire gli zuccheri in gradazione alcolica di circa 8% sul volume. Questo liquido è noto come wash.
LA DISTILLAZIONE
Il wash viene riscaldato in due alambicchi in rame, chiamati rispettivamente wash still e spirit still.
Solo la parte qualitativamente migliore del liquido alcolico prodotto, detta il cuore, viene raccolta e versata in botti di quercia a maturare.
Il distillato viene infine diluito (usando la medesima acqua della distillazione) fino ad una gradazione alcolica di 64,5°.
MATURAZIONE E INVECCHIAMENTO
Quali barili sono usati per l’invecchiamento?
Solitamente le botti sono di rovere, perché è un legno con proprietà porose in grado di trattenere i componenti del distillato o del vino che conteneva in precedenza.
Solitamente vengono usati barili americani (ex-bourbon), che donano al nuovo distillato tonalità dorate e profumi dolci; oppure barili spagnoli (ex-sherry o, in casi più rari, porto o madeira), che cedono colori più forti e gusti persistenti e caramellati.
Nella maturazione, a fare la differenza sono anche le dimensioni delle botti e il clima in cui vengono conservati.
Una volta concluso l’invecchiamento, il whisky può essere diluito fino a scendere ad una gradazione alcolica di 40% (il minimo legale perché si possa considerare whisky). Il whisky non diluito, che solitamente è intorno ai 60%, viene detto cask strenght.
Il rum
IL SUCCO DI CANNA E LA MELASSA
La materia prima principale del rum è la canna da zucchero.
La canna da zucchero (Saccharum officinarum) cresce in numerose varietà nella zona equatoriale in regioni tropicali.
La si trova in Florida, nel Texas, in Luisiana, alle Antille, alle Hawaï, in America Centrale e in America del Sud, ma anche in Indonesia, in Tailandia, nelle Filippine, in Cina, in India, nelle isole dell’Oceano Indiano, in Australia e nel Sud della Spagna. All’età di 11 mesi la canna viene raccolta, prima della sua fioritura.
Le foglie e la sommità delle canne sono abbandonate nei campi; la base è invece trasportata velocemente allo zuccherificio per evitare ogni perdita di zucchero. Una volta che la base della canna è ridotta in fibre, si aggiunge acqua calda al fine di estrarre il succo zuccheroso.
Da questa pressatura nascono due prodotti: il succo di canna (vesou) e la bagassa, composta dai residui fibrosi della canna e utilizzata in seguito come combustibile. Il vesou, che si altera rapidamente, può venire messo velocemente a fermentare e distillare, per ottenere il cosiddetto rum agricole.
Raffinando lo zucchero di canna, invece, si ottiene uno sciroppo denso e vischioso detto melassa, che è usato per produrre il più pregiato rum di melassa.

IL VINO DI CANNA E LA FERMENTAZIONE
Sotto l’azione dei lieviti, il mosto (melassa diluita con acqua o vesou) è messo a fermentare: gli zuccheri diventano alcol, fino a produrre un vino di canna con una gradazione alcolica tra 8% e 10%.
La fermentazione del vino di canna è una fase fondamentale per decidere gli aromi del futuro rum: cambia da regione a regione e può donare al distillato finito un pannello aromatico ampissimo. Esistono tre tipi di fermentazione:
LA FERMENTAZIONE
SPONTANEA
Dipende dai lieviti e dai micro-organismi naturalmente presenti nell’ambiente o nel succo di canna stesso. È realizzata in tini a cielo aperto e può durare da 1 a 2 settimane. Le piccole distillerie, in particolare nella zona di Haiti, praticano ancora questo tipo di fermentazione per produrre rum.
LA FERMENTAZIONE CONTROLLATA
(IN BATCH)
Questa fermentazione ricorre a lieviti allevati in laboratorio e poi miscelati al mosto. Questo tipo di fermentazione dura 2 o 3 giorni e permette di riprodurre in maniera costante nel tempo una certa concentrazione alcolica e uno specifico pannello aromatico. Molte distillerie mantengono e coltivano da decenni i propri ceppi di lieviti, che diventano un vero marchio di fabbrica per il rum che ne deriverà.
LA FERMENTAZIONE CONTROLLATA
(IN CONTINUO)
Nella fermentazione in continuo, tipica dell’industria del rum, il tino di fermentazione è sempre pieno e viene alimentato in continuo con la melassa. Questo consente di mantenere i lieviti sempre attivi e accelerare enormemente tempi e quantità di produzione.

LA SCELTA DELL’ALAMBICCO
La distillazione del rum viene effettuata tramite alambicco a colonna (in continuo) o, per i più tradizionalisti, tramite alambicco a ripasso (batch).
La scelta dell’una o dell’altra forma di distillazione è spesso influenzata dalla storia coloniale del paese.
Così, le vecchie colonie britanniche o francesi usano ancora alambicchi a ripasso in rame, mentre gli antichi possedimenti spagnoli prediligono l’alambicco a colonna. I
l tipo di rum prodotto dipende molto dalla tecnica di distillazione: a grandi linee, possiamo dire che i rum più pesanti nascono di solito da alambicchi a ripasso (dove il cuore del distillato è raccolto tra 68 e 70 gradi), mentre gli alambicchi a colonna regalano rum più leggeri (il distillato è raccolto a più di 90 gradi, lasciando poco spazio alle volatili più cariche).
DISTILLAZIONE A RIPASSO (BATCH)
Questa tecnica richiede una regolare interruzione dell’alambicco, per pulirlo e lasciarlo riposare prima di iniziare una nuova distillazione.
È il metodo più tradizionale di distillazione: conferisce una qualità superiore al rum, a discapito della velocità di produzione tipica dei ritmi industriali.
DISTILLAZIONE A COLONNA (IN CONTINUO)
Usando due o quattro colonne autoalimentanti, questo tipo di distillazione non necessita di pause una volta che le colonne sono state riempite.
Composte da diversi piatti di concentrazione attraverso cui circolano i vapori, la distillazione a colonna permette di controllare con precisione il profilo aromatico di un rum.
I vapori meno carichi in aromi arrivano fino all’ultimo piatto della colonna, mentre i più pesanti restano nei piatti inferiori.

L’INVECCHIAMENTO
Il rum ha tanti disciplinari quanti sono i paesi che lo producono.
I tempi di invecchiamento, come distillazioni e ricette, spesso differiscono da uno Stato all’altro e persino da un produttore all’altro.
Se è vero che l’invecchiamento del rum viene svolto in particolare in fusti ex-bourbon, può capitare di incontrare rum invecchiati in botti ex-cognac o persino in fusti di rovere nuovi.
Gli affinamenti, seppur molto rari, sono effettuati da imbottigliatori europei, che propongono fusti di Banyul, Porto, Xérès o Madera.